Con la sentenza J.A. e altri c. Italia, la Corte europea dei diritti umani è tornata a pronunciarsi sull’«approccio hotspot», identificando l’hotspot di Lampedusa quale luogo detentivo, le cui condizioni integrano trattamenti inumani e degradanti. Smentendo, di fatto, la decisione di chiusura della procedura di supervisione della sentenza Khlaifia, la Corte accerta la mancanza di una procedura interna che assicuri il controllo di un giudice sulla «legittimità» della detenzione in hotspot. Ritiene, infine, che ai ricorrenti non sia stata garantita una «proper interview» prima della notifica dei provvedimenti di respingimento, né altrimenti offerta una ‘genuina possibilità’ di interloquire con le autorità sul proprio caso in un momento precedente. L’assenza di una valutazione della situazione individuale dei ricorrenti ha quindi qualificato la loro espulsione come collettiva.
Laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna nel maggio 2016, è abilitata all' esercizio della professione forense dal luglio 2018. Ha lavorato come consulente legale specializzata in protezione internazionale per diverse realtà del settore (sistema SPRAR, Save the Children, European Asylum Support Office). Da novembre 2021 è iscritta al Corso di Dottorato “Diritto dell’Unione europea e ordinamenti nazionali” presso l’Università degli Studi di Ferrara.