Il caso Teitiota c. Nuova Zelanda se, da un lato, ha rappresentato uno sviluppo a favore del riconoscimento della tutela dei migranti ambientali, dall’altro, ha messo in luce gli ostacoli all’applicazione del principio di non refoulement derivante dal diritto internazionale dei diritti umani a favore di coloro che sono costretti a spostarsi per cause ambientali. Più in particolare, un’interpretazione rigorosa del criterio del “real and personal risk” ha impedito al Comitato dei diritti umani di concedere la protezione al Sig. Teitiota e ha sollevato dei dubbi sulla possibilità di rinvenire nell’ambito delle norme sui diritti umani forme di tutela effettiva per i migranti ambientali. A tal riguardo, degli sviluppi interessanti si possono rinvenire nella giurisprudenza delle corti interne. Questo contributo si concentra sulla giurisprudenza italiana, mostrando come da alcune recenti pronunce della Corte di Cassazione si possano avere delle indicazioni in merito a come garantire la tutela dei migranti ambientali sulla base degli obblighi di protezione dei diritti umani.
Sono assegnista di ricerca in diritto internazionale presso l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo. Ho conseguito il dottorato di ricerca in Scienze giuridiche presso l’Università degli Studi di Macerata, discutendo una tesi dal titolo “La disaster risk reduction nel diritto internazionale”. Presso l’Università degli Studi di Macerata ho altresì conseguito la laurea in giurisprudenza. Sono stata visiting researcher presso il Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law di Heidelberg e presso l’Institut de recherche en droit international et européen de la Sorbonne. Da ottobre 2020 sono abilitata all’esercizio della professione forense.