Il Tribunale di Milano ha applicato a Uber Italy s.r.l. la misura dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34, d.lgs. n. 159/2011 (c.d. Codice Antimafia), per aver agevolato lo sfruttamento lavorativo di richiedenti asilo impiegati come ciclofattorini (c.d. riders.). Uber Italy aveva infatti mancato di controllare l’attività di reclutamento e gestione dei riders, esercitata in via principale da società di pony express allo scopo incaricate dalla stessa Uber. Il provvedimento, oltre a permettere di puntualizzare alcuni aspetti del reato di sfruttamento lavorativo, stimola una riflessione sul fenomeno del c.d. “caporalato digitale”, nonché sugli strumenti penalistici idonei a contrastarlo, nella ricerca di un equilibrio tra le esigenze della prevenzione e gli interessi socio-economici coinvolti, non ultimo quello all’occupazione (dignitosa) delle vittime.
Martina Galli è assegnista in diritto penale presso l’Università degli Studi della Tuscia, dove collabora con la cattedra di Diritto penale (Prof. Carlo Sotis). Nel 2019 ha conseguito il Dottorato di ricerca presso la medesima Università, con una tesi su “Crisi economica e diritto penale”. Nello stesso anno ha conseguito l’abilitazione per la professione forense. Nel 2017 ha svolto un periodo di ricerca presso l’Institut des Hautes Études sur la Justice (IHEJ) di Parigi. Negli anni 2015 e 2016 ha svolto il tirocinio formativo ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso la sezione GIP/GUP del Tribunale di Lucca. Dopo essersi laureata nel 2015, con pieni voti e lode, presso l’Università di Pisa, nel 2016 ha ottenuto il diploma di licenza in Scienze Giuridiche presso la Scuola Superiore Sant’Anna. I suoi interessi di ricerca prevalenti sono rivolti al tema dei rapporti tra crisi e diritto penale e dell’intervento penale in ambito economico e d’impresa. Di recente si è occupata anche dei problemi relativi alla criminalizzazione dell’hate speech, di caporalato e sfruttamento del lavoro. È attualmente curatrice della rassegna giurisprudenziale della newsletter ADiM.